lunedì 17 ottobre 2011

ABBOZZO PREFAZIONE - Con notizie inerenti storia e origini

Vorrei narrarvi dell'origine della vita sulla Terra, ma temo che per ora non sia un argomento utile. Cominciamo dagli Umani, si, dagli Umani.
Al principio, la Terra era divisa in due grosse placche terrestri separate di netto dall'Oceano Ignoto (secondo la definizione Umana) e probabilmente prima dell'arrivo degli Umani non vi era stato nessun contatto tra i due emisferi. Erano come due mondi che coesistevano in uno stesso mondo. Taluni storici, come Madele il Saggio, sostenevano che nella parte opposta della Terra ci fosse la fonte del male del mondo, e il nido della malvagità umana. Idee molto simili furono enunciate da storici successivi a Madele, ma nessuna di queste ipotesi è stata mai confermata. Ma cominciamo dagli inizi.
Gli Umani entrano a far parte del sistema terrestre nel cosidetto anno 0. L'anno preciso, ahimè, mi è ignoto, ma l'anno 0 corrisponde alla proclamazione del primo capovillaggio. La nascita di questa civiltà è la diretta conseguenza della formazione di centri di unione di uomini, perchè l'uomo sin dalla nascita si sente solo e realizza che da sè non può fare più di tanto. Il primo passo verso uno sviluppo della civiltà è stato appunto cominciare a vivere insieme. Il primo passo verso la decadenza è avvenuto nel I secolo, ove si è instaurato in modo lento ma continuo la differenza tra Umano e Umano. Una differenza dovuta alle doti di uno e quelle di un altro, o semplicemente all'importanza della famiglia di uno e dell'altro. Al contrario delle altre creature, l'uomo è il primo animale a porsi un capogruppo che guidi gli altri. Forma di debolezza? Non proprio. La ricerca di una figura superiore, che sia umana o divina, è sempre stata intrinseca alla natura umana, perchè l'uomo si sente spesso impotente e senza una figura di riferimento tende a agire di propria iniziativa su ogni cosa, suscitando magari dispiacere ad altri. Il primo capovillaggio, forse un certo Duconin, si insediò al potere in modo totalmente pacifico e secondo il consenso degli altri Umani. Ma prima di continuare a parlare degli Umani, è necessario esporre una vaga idea di quello che può essere l'Emisfero Settentrionale.
Esso è stato diviso in 4 aree nel 321, secondo lo statuto di Kredrio l'Impulsivo che approvò la teoria del saggio Maritun Gederi. Questa consisteva in una divisione geoterritoriale di tutto l'Emisfero Nord. Una divisione dettata in base alle caratteristiche del territorio, al colore del cielo, alla disposizione delle stelle e alle forme di vita. Convenzionalmente, la parte settentrionale dell'Emisfero Nord è suddivisa in altre tre parti: la Bacaulia Nord, la Bacaulia Nord-Est e la Bacaulia Nord-Ovest. Sin dal principio, l'uomo, se non per motivi di sopravvivenza, si è sempre tenuto lontano da queste terre, molto ostili e dal freddo pungente. Il cielo in questa zona è spesso solcato da fantasie dorate e rossastre, la cui natura è ignota all'uomo. Il freddo opprimente di queste zone consente lo sviluppo di una natura bassa e costituita principalmente da piante con rami larghi e foglie strette. Poche sono le forme di vita che vivono in questi posti, e se ce ne sono, vivono piuchealtro sotto terra. Alcuni uomini hanno fantasticato che sotto terra potesse esserci un Reame delle Creature Sotterranee. Comunque, il versante Nord si affaccia a strapiombo, con le coste alte e irsute, sull'altra sponda dell'Oceano ignoto, il quale impedisce qualsiasi motivo di navigazione a causa delle sua posenti onde che si infrangono sulla costa. L'origine di tali onde è purtroppo ignota all'intelletto Umano, ma quello che è certo è che nessun Umano ha mai osato avvicinarcisi p er capire il motivo della possenza di tali onde. Il freddo raggiunge il suo limite massimo nella Bacaulia Nord, con temperature che possono indurre talvolta al congelamento di arti anche in zone situate al livello del mare. Nella Bacaulia Ovest e Est la situazione è leggermente più vivibile, ma comunque non adeguata allo sviluppo della razza Umana.
Spostandoci estremamente ad Ovest, la seconda area da questa parte è divisa a sua volta in altre tre parti, rispettivamente la Setra Ovest, Nord-Ovest e Sud-Ovest. Nella Setra Nord-Ovest si sentono ancora gli effetti della Bacaulia, ma il freddo è di giorno sotituito da un impercettibile caldo e la natura è più rigogliosa. Le terre di Setra sono forse le più variegate dell'Emisfero Settentrionale, poichè nell'isieme contengono aree fredde, calde o vivibili. L'estremo Ovest di Setra è per la maggior parte desertico. Come avevano immaginato molti Umani, probabilmente Setra è la zona più antica e più corrosa dal tempo dell'Emisfero Nord. Il deserto copre appunto buona parte della Setra, e pian piano avanza, di secolo in secolo. Il paesaggio desertico, non è certo più gradevole di quello tundratico della Bacaulia. La vegetazione è praticamente assente, se non fosse per qualche arbusto grasso e irsuto. Al contrario della Setra Nord-Ovest, dove qualche forma di vita animale omincia già a manifestarsi, nella Setra estremamente occidentale non vi sono molte forme di vita, quelle che convivono in questa zona vi si trovano perchè necessitano di caldo e aria secca. L'unico pregio di queste terre è il cielo, variegato e profondo come pochi altri. Se visto da un certo punto pare che converga lla fine della Terra portando con sè astri e stelle. Di giorno è attraversato costantemente da fasci di luce eterei che conferiscono a questo un colore arancione brillante. Di notte qualche insetto si sveglia dando sfogo della propria bellezza, e gli animali non possono che ammirare questo meraviglioso cielo; un cielo che è rimasto con qualche tono arancione che dissipa in allegre fantasie circolari, dando all'insieme un effetto quasi magico e tremendamente gradevole alla vista; le Lune e gli astri sono totalmente visibili e volendo, si potrebbe fare benissimo un cartina atronomica altamente dettagliata. Gli effetti del Sole ancora visibili scompaiono all'Occidente, dove un'aura giallastra verge verso la fine della Terra portando con sè speranze Umane.
Ad ogni modo, la vita in queste terre è inadeguata, tuttavia, l'aree Sud-Occidentale è la più adeguata alla condizione Umana, anche se in pochi vivono in queste zone.
Nel versante Orientale la situazione è non molto dissimile dall'area Occidentale. Quivi troviamo la Sharenga, anche questa suddivisa in tre parti di cui una ancora in contatto con la Bacaulia e contenente alcuni aspetti salienti di questa area. Convenzionalmente, l'uomo non ha mai propriamente stabilito una distinzione tra area estremamente orientale ed area sud-orientale: il motivo è dovuto al fatto che le differenze tra queste due aree sono poche, anzi quasi nulle. La Sharenga è quasi da sempre un territorio adatto allo sviluppo Umano. Difatti alcune principali civiltà umane si sono sviluppate qui, Umani con pelle colorita di vermiglio e occhi chiari. La composizione della Sharenga è molto semplice, costituita da un terreno molto fertile e al contempo molto sfruttato dall'uomo, e da una vasta catena montuosa che nasce nel sud Sharenga per delimitare quasi totalmente i confini tra area ad area, raggiungendo picchi molto elevati nella Bacaulia. Come ogni area, anche la Sharenga si affaccia sul mare, ma la navigazione è impossibile poichè costantemente l'Oceano è turbolento ed ostile, con forti uragani e temporali.
Infine vi è l'area Meridionale, la Uteria. Se l'uomo ha avuto origine dal centro dell'Emisfero Nord, allora è molto probabile che si sia subito spostato al Sud, per ovvi motivi. La Uteria è quasi un mondo a sè. Non risente di nessun effetto degli altri versanti (se non per i vari venti nelle diverse stagioni) e presenta una costituzione estremente adatta per l'uomo. Il Sole da queste parti è quasi perenne, ma non fa mai nè troppo caldo nè troppo freddo. Le uniche stagioni sono quella Calda e quella Rigogliosa. Lo sviluppo dell'uomo è avvenuto in queste terre, e in seguito si è spostato verso la Sharenga, ma in piccola parte. Il clima è sempre adatto per qualsiasi attività umana, e le creature crescono forti e rigogliose. Un aspetto particolarmente interessante è l'Oceano. E' forse l'unica zona dove l'Oceano non è ostile e dove le coste sono piatte e basse, adatte alla navigazione. La vegetazione è rigogliosa e i corsi d'acqua abbondanti. La nostra storia ha le sue antiche origini in queste terre Meridionali. Ma torniamo alla storia dell'uomo.
Come già detto, l'uomo comiuncia dall'anno 0 a stabilire dei capivillaggi e a convivere con altri uomini. Si pensa che i primi villaggi fossero situati verso la Uteria settentrionale, ma non propriamente dentro di essa. Difatti, ache al di fuori dell'Uteria le condizioni per vivere erano accettabili ma tuttavia non sufficienti per il crescente numero di Umani che andava delimitandosi. A seguito delle incursioni dell'anno 97, i primi Umani cominciarono ad abitare le fertili terre di Uteria stabilendosi completamente negli anni a seguire. Era la fine del nomadismo Umano. Cominciarono a nascere i fondamenti di una prima civiltà, basata, almeno in principio, su valori come lealtà e giustizia. Si delimita ancor di più la società in sè stessa e il ruolo di ogni componente all'interno di essa: ognuno ha un ruolo preciso fondamentale per l'intera società. Con tali situazioni di agiatezza, l'uomo, da impotente qual'era verso il territorio circostante, inizia ad esplorare nuove terre, evitando già dapprincipio il Nord e parte dell'Ovest. Nell'anno 176, Keibruk Cuor Impavido fonda la prima città a Sharenga. Nel 204 l'intera Sharenga è stata già esplorata e scoperta in ogni suo minimo dettaglio, difatti nascono molti centri urbani in zone casuali del Versante.
Qualche decennio dopo, vi è una decadenza di valori e una riconsiderazione del prossimo, o meglio, l'uomo perde la lealtà e il valore che lo caratterizzavano per dar spazio a comportamenti bellici, ostili e irrispettevoli verso il prossimo. Il motivo di tanta malvagità? Purtroppo non si sa, ma molti uomini eruditi rispetto all'epoca in cui vivevano hanno realizzato che forse il male fa parte dell'uomo, è nascosto ma prima o poi si manifesta a seconda della situazione. Questa «situazione» era stata la formazione di due civiltà tra loro opposte:una a Uteria e l'altra a Sharenga. Come ogni conflitto, le ostilità tra un regno e l'altro non naquero dal nulla, ma furono il frutto di un inevitabile processo intrinseco alla natura umana

NOTA: Ancora in formazione ;)

CAPITOLO VII - Decisioni

Il mattino abbracciò la valle con le sue candide nuvole, sparse qua e là e soffici come cuscini. Un leggero venticello si levava da Treanor, trascinando con sè aria pesante e umida. Il caldo Sole era pronto per la sua intensa giornata, e dispiegheva all'orizzonte le ampie e rasseneranti braccia. Il cielo pareva più terso del solito, ma regnava comunque uno stato di sobrietà e pacatezza. Malvin si svegliò con tutta calma, emise un ampio sbadiglio e inoriddito urlò a sguarciagola. La pietra era ancora là! Non era tutto finito, e non era solo un incubo, l'unica salvezza era scappare! Questa insensata idea balenò nella testolina di Malvin, il quale non si rese conto che la pietra non era più viva, era solo...pietra.-Che cosa vorresti fare, mio simpatico Malvin? Non noti che l'ostacolo non può più darci fastidio?- disse Verulest con un largo sorriso stampato in faccia. Malvin si tranquillizzò e pensò anche che data l'espressione del Ramingo, probabilmente Teclion si era ripreso. Dopo qualche minuto, mentre Malvin era intento a risistemare il bagaglio ed esaminare le cianfrusaglie sgraffignate nella fossa, gli eroi ad uno ad uno cominciarono ad alzarsi, ognuno con un forte mal di testa e la vista annebbiata. Ci fu lo stupore più grande, dato che nessuno sapeva come era finito vicino a quell'inquietante monolito. Sigoreth era piuttosto scocciato, gli altri invece erano rilassati ma al contempo incuriositi dalla presenza del grande masso. Inutile dire che ciascuno chiese spiegazioni al Ramingo, il quale dal canto suo si sedette per terra, tirò fuori dalla veste una piccola pianticella e aspirò avidamente le sue emanazioni.-Non ha poi tutti i torti-, pensò Malvin,-Su tutto quello che ci è successo fino a adesso, lui l'ha sempre saputa più lunga di noi, ma di certo sarà stanco di dare continuamente spiegazioni-. Dopo qualche minuto di attesa Verulest prese a parlare con tono concitato e profondo.-Bene direi di cominciare...mah forse,...ma no, cominciamo dall'inizio! Miei cari compagni, come potete vedere ci troviamo al cospetto di questa strana pietra e ovviamente non ne sapete il motivo. Potete prendervela con me, potete anche arrabbiarvi, poichè la giornata precedente avrei dovuto avvertirvi del pericolo in cui andavamo incontro, e avrei anche dovuto dirvi dei Gherblin. Tuttavia, come avrete notato, non l'ho fatto. Non certo per mettervi nei guai, sia chiaro, è solo che... fino ad oggi non avevo mai visto tanta ostilità da parte di queste note terre. Come forse sapete, amo viaggiare. Ma più di tutto, amo esplorare, scoprire e catalogare. Conoscevo Treanor come il palmo della mia mano, e nelle Creosin ci sarò passato una ventina di volte, ma mai, e ripeto
mai, mi sono imbattuto in tali pericoli. Non credo di essere abbastanza saggio da potervi dire perchè ciò che è accaduto è successo... posso solo dirvi che siamo stati sfortunati.. si sfortunati, ma fortunati allo stesso tempo.- Il tergiversare di Verulest non appagò la congrega, la quale avrebbe fatto di tutto per sapere perchè si trovavano davanti a quella bianca pietra.-Tuttavia, non possiamo proseguire il viaggio basandoci unicamente sulla fortuna. Anche la notte scorsa siamo stati fortunati, e di nuovo grazie al giovane Malvin. Ora però, voglio sapere chi è stato l'ultimo di guardia e cosa ricorda.-. Teledith si fece avanti.- O Verulest figlio di Varion, la colpa è mia, devo essermi assonnato durante il mio turno di guardia. La notte mi sembrava spenta, calma. Non riesco ancora a capire cosa sia successo...-,- Grazie Teledith per la tua sincerità, ma di certo anche volendo non avresti potuto fare nulla. La mia idea, e penso che Malvin e Teclion acconsentano con me, è quella che siamo stati preda di un'entità malvagia, maligna. Non stupitevi per le mie parole, ciò è normale...ma... ma non qui. Di certo oltre le Critosin è più che giustificabile, ma qui di certo è fuori luogo.- Verulest si fermò un attimo acconsentendo con se stesso su quanto diceva,-Spero vivamente che le precedenti disavventure non vi abbiano troppo scosso, perchè dopo, purtroppo, temo che ci imbatteremo in situazioni peggiori. Ho colto quest'occasione per parlare a tutti voi perchè da ora in avanti dovrete ascoltarmi attentamente e non tralasciare nessuna parola proferita dalla mia bocca. E' vero, io vi ho incitato ad intraprendere questo viaggio, tranne certo il rapido Melvin, ma ognuno di voi ha deciso di propria iniziativa, e penso che ognuno l'abbia fatto per motivi diversi. Come avrete notato, questo non è un viaggio di piacere ne tantomeno di guerra, è finalizzato all'esplorazione. Vi chiederete forse perchè vi ho portato con me in questo avventato percorso, uno come me che potrebbe farcela benissimo da solo,- in molti acconsentirono con la testa, chi con fermezza, chi un po' più in disparte -tuttavia, c'è un motivo. Come vedrete in futuro, c'è un motivo per tutto, dettato dal Fato? Chissà. Tu Malvin sai il motivo per cui sei qui?-Malvin si fermò un attimo e cercò di realizzare una possibile risposta adeguata, ma era troppo intontito dalla notte precedente-Come vedi nemmeno a te è chiara la tua presenza qua. Avrei potuto scegliere chiunque altro molto più impavido e forte di te, ma ho scelto te. Non avvilirti, ma ti devo rivelare che la mia scelta non ha nulla a che fare con tuo padre, ma è guidata dal Fato.-Malvin si fermò completamente. Sbigottito cercò di raccogliere qualche parola per rispondere a Verulest l'ingannatore, ma il suo buonsenso gli impediva di usare termini offensivi. Aveva ora compreso che lui non era nessuno, o meglio, era stato scelto a caso. Poteva essere benissimo scelto il suo vicino Bredrio, tanto non avrebbe cambiato nulla. -No, non è logico- pensò Malvin. Considerando forse per la prima volta la possibile esistenza di un'entità superiore a tutto e immutabile, Malvin cercò di placarsi e di giustificare Verulest. Era forse il primo segno di crescita di Malvin, che finalmente non si lamentava come un viziato ragazzino, ma taceva e cercava di comprendere il pensiero di qualcun altro, scacciando qualsiasi giudizio negativo.- Spero che un giorno comprenderai la mia scelta, ti chiedo solo di non covare in te stesso nessun proposito malvagio nei miei confronti. Continuando il mio discorso, miei cari compagni avete appena visto come una parte di me agisca seguendo il caso, o meglio il Fato. Non vi preoccupate, la strada la conosco, non viaggiamo a caso-Qualche risatina rincuorò gli animi degli eroi, i quali tuttavia erano ancora in ansia per il discorso del Ramingo-Nei miei anni di esplorazione di nuove terre e di osservazione di voi Umani, ho notato che quasi tutto è governato dal Fato. Per chiudere questa parte del discorso, spero solo che voi accetaste la mia idea, ma non siete obbligati a condividerla. Quello che sto per dirvi adesso, dovete decidere da voi se è vero o no. In tutte le mie esplorazioni non ho mai incontrato nulla di pericoloso oltre le Critosin-prima che gli altri potessero dire qualcosa, Verulest ricominciò-Ma, la stagione scorsa ho cominciato a sentirmi turbato. Per cosa e per quale motivo, non ne avevo idea, ma sentivo dentro di me che questa preoccupazione non riguardava solo il mio essere ma tutti voi Umani. Mi è sembrato più che logico che la fonte del mio assillo provenisse da oltre quelle inesplorate Terre, e penso, che se voi siete uomini di giudizio condividiate la mia idea. Ora, anni addietro tuo padre Mellest,-fece Verulest rivolgendosi a Malvin- mi disse che soffrivi di incubi terrificanti terribilmente vividi e reali.-Un po' imbarazzato davanti agli altri per aver sentito esporre la propria vita personale, Malvin interloqui-Purtroppo non erri, figlio di Varion. Non ne ho mai parlato con nessuno al di fuori di mio padre, ma vedendo che ne sei a conoscenza posso capire quanto voi due foste amici. Non è qualcosa di cui parlo facilmente e non voglio descriverti l'entità dei miei sogni, tuttavia, posso dirti per certo che da quando mi hai «invitato» a questo viaggio, ho sentito in cuor mio che mi stavo avvicinando sempre di più alla sorgente dei miei incubi. Devo ammettere che i Gherblin mi erano apparsi in sogno più volte, e non dimenticherò mai il loro sguardo truce.--Molte grazie Malvin, davvero molte grazie. Forutnatamente, mi hai riferito queste notizie in tempo, e ora penso di essere più che sicuro che oltre quelle cupe montagne ci sia qualcosa di malvagio che trama contro la vostra razza. Mi rivolgo a voi nella maniera più seria possibile e spero che anche voi ricambiate, miei avventurieri. Vi dico qui, che so che oltre quei monti ci aspetta la morte, forse non certa, ma di sicuro molto prossima. Siamo arrivati fin qui, con non pochi problemi, ma ce la siamo cavata abbastanza bene. Ora vi chiedo solennemente, se voi, conosciuto il pericolo, avete intenzione di proseguire. Rispondete sinceramente, perchè dopo non potrete avere ripensamenti.-Silenzio.
Il vento si era placato e di conseguenza l'aria era ferma e calda. I cavalli mangiavano qualcosa datogli da Yitar e se ne stavano in disparte, incuranti del pericolo che incombeva. Sigoreth si sistemava al meglio il bendaggio, ed era alquanto preoccupato per quest'ultimo, anzichè per la decisione che avrebbe dovuto prendere. Teledith parlò per primo -Verulest. Ti ho sempre stimato come persona sia dal punto di vista fisico che mentale e sapere che ci hai mentito su diversi aspetti mi rattrista. Ma ahimè, non conosco il tuo volere completamente, e penso che sia stato necessario, altrimenti di sicuro avremmo rifiutato tutti al nascere del viaggio. Non condivido il tuo metodo per rivelarci la verità, ma sono fermamente disposto a seguirti per mari e per monti, dovunque tu voglia e dovunque il destino ci porti. Con questo chiudo la mia risposta, sperando che la mia presenza possa tornarti utile in futuro.- Il leale animo di Teledith stupì non poco il Ramingo. Sapeva di avere con se tre valenti guerrieri,ma non sapeva che uno di essi avesse l'animo cosi nobile e puro, rispettoso verso il prossimo. Yitar e Somerun, dopo aver confabulato tra di loro a bassa voce, parlarono quasi all'unisono a Verulest - Saggio Verulest, come forse tutti i compagni, siamo alquanto stupiti dal tuo atteggiamento nei nostri confronti e ci sembra un poco irrispettevole. Tuttavia, la nostra fiamma non si spegne, e il nostre ardore non si estingue. Ormai abbiamo intrapreso quest'avventura, e sappiamo che c'è qualcosa che ci attende oltre quelle cupe montagne, che sia buono o cattivo poco ci importa: il nostro desrtino è essere esploratori e ciò comporta pericolo.- Fieri delle loro parole, i due arcieri lasciarono la parola a Sigoreth, alquanto turbato (...)

NOTA: Capitolo in formazione ;).

CAPITOLO VI - Una notte agitata

Malvin era solo, al cospetto di tre immense creature. Disarmato e paralizzato, poteva solo assistire alla truce avanzata di quelle macabre bestie. D'un tratto, una di esse sollevò la pesante mano con l'intento di schiacciare quel piccolo omuncolo...
Malvin si svegliò di soprassalto, madido di sudore. Respirava come se gli mancasse un polmone, e la vista dava alcuni problemi. Dopo una decina di minuti realizzò che era solo un sogno, un terribile incubo. Pensava di essere abituato ormai a quegli incubi, ma questo in particolare gli era sembrato quasi vero: giurava a se stesso di aver sentito qualcosa di viscido sfiorargli il corpo. La notte incombeva cupa sul territorio circostante, e se di mattina il cielo era sgombro, ora a stento qualche fascio lunare riusciva a penetrare in dei consistenti e grigi nembi. Un venticello pungente si alzava dalla terra, portando con sè sabbia e qualche esile pianticella: d'improvviso l'ambiente circostante era totalmente cambiato, se prima era monotono ma tranquillo, ora si rivelava terribile e gelido. Con sommo stupore Malvin si accorse che le tende degli eroi erano vuote, ma realizzò che era sicuramente un sogno; d'altronde era impossibile, non l'avrebbero mai lasciato solo in mezzo al nulla. Dopo circa un'ora passata a cercare di risvegliarsi, Malvin cominciò a preoccuparsi.-Insomma, se è un sogno, perchè non mi sveglio? Non dovrebbe essere tanto difficile eppure...-Malvin si sedette e si osservò attorno; conosceva bene i suoi sogni, caratterizzati da luoghi quasi sempre uguali ma con una caratteristica comune: il non capire dove si trovava realmente e l'indefinibilità dell'ambiente circostante. La preoccupazione crebbe sempre di più in Malvin, ora convinto che non stesse sognando. Dapprima invocò aiuto, ma ciò che ottenne come risposta fu una forte ventata gelida sul viso e gli occhi rovinati dalla sabbia. Raccogliendo quelle poche forze che gli rimanevano, Malvin decise di andare in esplorazione,-Tanto, se resto qui rischio di fare la stessa fine dei miei compagni, mi conviene spostarmi-. Portando con se unicamente
la spada, Malvin si diresse nella direzione in cui Verulest li avrebbe condotti il giorno a venire. Dopo un centinaio di metri scorse finalmente qualcosa: in mezzo al nulla, vi era un pietra, piu che altro un monolito, con strane incisioni o dipinte o intagliate nella pietra stessa. Attorno a questo bianco masso la natura sembrava morta essiccata. Malvin non riusciva a capire se fosse reale oppure no, ma non capiva neppure perchè il giorno prima non ci aveva fatto caso. La silente pietra incuriosì Malvin a tal punto che questo decise di avvicinarsi il più possibile, con la spada sguainata. Man mano che si avvicinava, Malvin notò che pareva che si ingigantisse, e quelle arcane incisioni sembravano emanare fumo. Malvin non riusciva a togliere lo sguardo dall'ammaliante masso, e pian piano vi si avvicinava, allucinato. Un potente "track" fu il benvenuto per Malvin, che ormai stregato scese nell'apertura generata dalla pietra per ritrovarsi rinchiuso sotto terra. Ormai fuori dall'incantesimo, Malvin torno in sè e rovinò per terra scivolando su un ampia scalinata. Ciò che vide lo agghiacciò: tutti i suoi compagni erano supini per terra, ognuno con un colorito pallido e mortale. Malvin si chiese se anche lui avrebbe fatto la loro fine, ma sfortunatamente, svenne per la stanchezza. Prima di perdere totalmente i sensi, gli parve di sentire nuovamente il "track" precedente, ma non fece in tempo a vedere se qualcosa era entrato o uscito dalla fossa. Dopo qualche ora Malvin si riprese ma amaramente si accorse di trovarsi ancora in quella terribile buca. Nulla era cambiato, gli eroi erano tutti accasciati per terra, tuttavia sembravano ancora più pallidi e con un'espressione di morte dipinta sul viso. Una cosa risollevò Malvin: Verulest non era con loro. Agendo d'impulso, Malvin fece ciò che gli riusciva meglio, ovvero trovare una possibile via di fuga per sè e possibilmente per i suoi compagni. Tastando nell'ombra le lisce e terribilmente gelide pareti della fossa, con un crescendo di angoscia sperava di trovare una via di fuga, magari anche uno spiffero, qualunque cosa che lo riconducesse all'ambiente
esterno. Dopo una lunga ispezione realizzò due cose: la fossa era poco più grande di una ventina di metri per lato, ed era ermeticamente chiusa da qualsiasi parte. l monolito chiudeva perfettamente la buca impedendo una qualsiasi via d'uscita. Malvin brancolava nel buio, cercando ancora di trovare qualcosa di utile; agghiacciato, si ritrovò tra le mani un cranio umano completamente vuoto e privo di carne all'interno. Ormai non si stupiva più di nulla, e quel cranio di certo non contribuì ad accrescere la sua paura; era invece l'oscurità e il silenzio che lo incutevano maggiormente, tant'è che fu costretto a sedersi per la paura. Malvin aspettò per diverse ore, nel silenzio più totale.-Se non faccio la fine dei miei compagni, di certo perirò per pazzia...-. Il cupo pernsiero tormentava Malvin, più che mai convinto che quella sarebbe stata la sua fine.-Cosa diamine ci facciamo qui? Chi è che ci ha condotto fin qua? Giuro che gliela farò pagare!-; Mentre Malvin rimuginava ancora su quella cattura da parte di chissa chi, si rialzò da terra Teclion. Dapprima Malvin non capì chi si fosse alzato, ma quando scoprì che era Teclion, un barlume di speranza si riaccese in lui. Ratto si apprestò ad aiutarlo, sapeva infatti che non era previsto che si alzasse solo dopo una Luna, e perciò immaginava che fosse ancora privo di forze. Con stupore invece, Malvin ascoltò le parole di Teclion, il quale lo rassicurava e affermava di stare bene.- Sarai anche guarito, ma non sforzarti troppo... inoltre siamo chiusi qua dentro da diverse ore, probabilmente fuori è già mattina- disse Malvin. Teclion annuì, ma ignorando le parole di Malvin, riuscì a scaturire dal suo bastone una fiammella blu, fredda ma ustionanante allo stesso tempo. Malvin notò che il viso giovane di Teclion era ora colmato qua e là da qualche ruga indistinta, e gli stessi occhi parevano più stanchi. Come aveva notato la notte prima, Malvin rivide i suoi compagni
stesi per terra e apparentemente privi di vita e cominciò a chiedersi perchè lui e Teclion non erano state vittime dell'incantesimo della pietra. Cercò di giustificare Teclion col fatto che lui era un mago, ma ovviamente non era completamente certo. L'esile fiamma rischiarò le tenebre della fossa, illuminando l'intero spazio circostante. Qua e là c'erano cadaveri scarnificati, qualcuno ancora con delle armature indosso o con armamentari pregiati. Altri cadaveri parevano invece di bestiole e uccelli. Ciò che adesso iquietava Malvin era la presenza di schizzi di sangue ancora presenti sulle lisce pareti, e graffi in prossimità della roccia. Sembrava un'opera d'uomo, per la sua perfezione: completamente cubica, la fossa era intagliata nei minimi dettagli, ma Malvin dentro di sè sapeva che le arcane scritte sulle pareti non potevano essere opera d'uomo. Lui e Teclion parlarono per quasi un'ora, etrambi speravano che accadesse qualcosa, qualunque cosa ma niente. Teclion rivelò a Malvin che non sapeva assolutamente come ci era finito là dentro, i suoi ricordi terminavano alla notte di Treanor; Malvin invece disse di aver trovato la pietra in mezzo al nulla. Malvin si accorse parlando che Teclion aveva una personalità buona, mai arrogante, mai beffarda o sarcastica. Qualunque cosa gli dicesse Malvin, Teclion annuiva, accennava un sorriso o rispondeva secondo il suo parere. Tuttavia, Malvin notò che ogni volta che finivano sull'argomento "magia", Teclion badava bene a tenere la bocca serrata, per motivi solo a lui noti. Rivelò diverse cose a Malvin, come il fatto che essere maghi non era niente di particolare, ma una volta mago si sente il bisogno di aiutare il prossimo in qualunque modo. Disse anche che veniva da una famiglia normale, e per quanto ne sapeva non aveva parenti maghi. Essendo molto dotto, ammorbò Malvin con discorsi teorici molto interessanti, ma forse inappropriati per l'occasione. Un fatto in particolare stupì Malvin, ovvero che i maghi cominciarono
a nascere solo con l'arrivo degli umani nelle terre di Vendolin e si vociferava che il primo mago che istituì l'accademia di aure provenisse dalla terre oltre le Critosin. Stanchi della lunga permanenza nella fossa e della lunga chiacchierata, i due cercarono in tutti i modi di risvegliare i loro compagni, ma sembravano realmente morti. Cominciarono a capire perchè c'erano graffi sulle pareti: il prigioniero probabilmente accecato dalla pazzia aveva cercato in tutti i modi una via di fuga e non riuscendoci si sarebbe suicidato. L'assenza di Verulest tuttavia rincuorò anche Teclion, che si fidava ciecamente delle abilità del Ramingo, e confidava in un suo repentino aiuto. Purtroppo, non fu cosi semplice: le ore scivolavano come olio per terra, e i minuti scorrevano lenti e pesanti. D'un tratto ci fu un rauco ululato, secondo Malvin non di natura animale ne tantomeno umana. L'ululato cresceva, sempre più forte e intenso, troppo assordante per orecchie umane. Con immensa gioia, Malvin e Teclion videro il masso spostarsi rapido con "track" lasciando entrare della luce lunare. Teclion spense la fiammella e si diresse con Malvin verso l'uscita; all'entrata della fossa intravidero una figura indistinta, curva su se stessa e dagli occhi accesi: Verulest era finalmente tornato.- Non ho tempo per parlare, prendete gli altri e portateli fuori, subito! Non posso tenere aperto ancora per molto. La possente pietra resisteva pian piano ai borbottii del Ramingo, e silente avanzava sopra l'apertura. Malvin e il mago si diressero prontamente a scortare fuori i propri compagni, tuttavia l'avanzata fu molto lenta, poichè i corpi pesavano molto. Verulest sudava freddo, dando ogni tanto segni di cedimento, ma determinato nel modo più assoluto a confinare la pietra. Con grande fortuna i due riuscirono a scortare fuori anche Yitar e Somerun, e Malvin riuscì anche a prendere qua e là qualche coltello, e degli eleganti cappucci. Una volta fuori i due si accorsero che l'ululato di dolore proveniva dal masso stesso, il quale disperatamente cercava di riposizionarsi sul buco. Quando Verulest vide che la compagnia era finalmente fuori dalla mortale tomba, smise di parlare facendo chiudere di scatto il monolito. Il terrore era finito. Malvin ancora scosso, era colmo di gioia e provava
un'immensa gratitudine per il Ramingo. Teclion invece era accasciato per terra, privo di sensi. Senza troppe parole, Verulest si diresse verso Teclion dando le spalle a Malvin, e ricominciò a borbottare qualcosa: da ciò che capì Malvin, sembrava che per vendicarsi l'arcana pietra avesse lanciato su l'ultimo uscito dalla fossa una specie di "fiacchezza" mortale, un sortilegio malvagio. Le pesanti nubi erano ora sparite, e l'allegra Luna poteva risplendere con le stelle. Quella fredda brezza terrena sembrava essere sparita del tutto, e la temperatura era divenuta più sopportabile. Erano come la notte precedente in mezzo al nulla, ma salvi e con Verulest.

NOTA: Questo è solo un abbozzo del cap. VI. E' un capitolo che devo rivedere, l'ho scritto ad agosto ma mi sembra troppo ispirato alla concezione di Tumulilande di Tolkien.

CAPITOLO V - La via prosegue

il dolce sapore del mattino andava girovagando per le tortuose stradine che attraversavano il bosco. Il Sole era ormai sorto, e di tanto in tanto qualche animaletto scendeva da un albero o usciva dalla sua tana per cercare del cibo. I raggi del Sole arrivavano piuttosto fievoli, poichè il cielo era macchiato da consistenti nubi e gli alberi del bosco impedivano il passaggio di buona parte della luce. Qualche fiumiciattolo osava attraversare il perimetro del bosco, ma andava poi scemando in piccoli laghetti circondati da imponenti alberi. Questi poi, apparivano molto forti e splendenti, carichi di foglie verde smeraldo e taluni con qualche frutto commestibile. Agli eroi tutto pareva agghiacciante; non trovavano conforto in nulla, e il loro unico desiderio era quello di allontanarsi il più possibile da quel maledetto bosco. Con passi agitati si avvicinavano pian piano all'uscita della foresta, un po' più brulla e con alberi più bassi e giovani. Qualche fascio di luce riusciva a passare, e dava sempre speranza e conforto alla congrega: si trovavano ora nelle Terre di Creosin, famose per la loro vastezza e la la presenza di sottospecie di alberi d'un colore verdastro. La grigia terra di quel posto salutava definitivamente l'insidioso bosco. Gli eroi decisero di accamparsi provvisoriamente, al fine di riprendere le forze e riorganizzare cavalcatura e armamenti. Molti gettarono stancamente il bagaglio e per terra, e come privi di forze si fecero cadere su questi. Malvin era totalmente sconvolto, non sapeva cosa pensare, o cosa dire, si sedette sul granulare terreno e si guardò attorno. La strada era ora notoriamente diversa, a tratti ricca di curve e facilmente confondibile con il colore della amara terra.Ciò che stupiva era la totale monotonia e omogeneità dell'ambiente, totalmente disabitato. Dopo qualche tempo la congrega si accorse che Verulest era scomparso, ma Teledith riferì che si era allontanato in cerca di qualche rimedio naturale per Teclion, accasciato supino per terra e apparentemente privo di vita.-Io e Somerun ci vediamo costretti dal separarci da voi per qualche ora: ci servo-
no nuove frecce, ma coglieremo l'occasione per prendere un po' di selvaggina-disse Yitar.
L'alba era finalmente giunta, come un'occhio timido che lentamente s'alza dalla sua barriera di nuvole candide. A Malvin venne in mente una poesia che suo padre gli aveva insegnato:

"Dorato il viso,
calde le braccia,
d'affetto e premura,
ei abbraccia il suo vicino;
scarno, ricco, freddo,
bramoso e orgoglioso,
lontano e vicino,
ma solo."

Le ore passavano lentamente. Il tutto poi, era rallentato dalla triste monotonia del paesaggio, che, anche se inizialmente aveva dato un briciolo di speranza, ora era la causa della loro depressione.-Maledetti esseri! Sto ancora sanguinando! I prossimi mostriciattoli che incontrerò faranno una tremenda fine.-,-Calmati, Sigoreth.-intervenne Galestor,-Non
prendertela con loro, la colpa in fin dei conti è nostra se sono divenuti così ostili... sono dell'idea che se mai prima d'ora questi esseri  hanno attaccato l'uomo, è molto probabile che gli abbiamo fatto qualcosa, e penso che il motivo sia riconducibile agli alberi abbattuti che abbiamo visto in precedenza. E' come se distruggessero la tua abitazione e tu fossi costretto a vivere senza un posto certo.-. Una smorfia fu la risposta di Sigoreth. Malvin ebbe come l'impressione che Galestor fosse un uomo di saggia negligenza e di acuta razionalità, ma poco loquace. Fino ad allora non si erano mai parlati, ma desiderava ardentemente condividere con lui le loro tristezze, come la perdita della figura paterna. Finalmente, giunse il Ramingo. Portava con sè due cavalli e il mulo dispersi, inoltre sul collo aveva una sacca a tracolla apparentemente piena.-Ebbene? Si è per caso risvegliato il mago? Temo che sia in gravi condizioni se ciò non è accaduto-disse Verulest. Un mago! Si erano portati dietro un mago! Malvin non credeva alle sue orecchie. Ora si spiegava il suo vecchio bastone e quell'intarsiato libro. Comunque quel provvisorio entusiasmo non fu di solievo per Malvin, dato che Teclion non dava ancora segni di vita.
Si dice che i maghi allora fossero davvero rarissimi. Qualcuno sosteneva che si nasceva mago, qualcun altro invece diceva che c'era un accademia apposita per divenirlo. La realtà è una via di mezzo. Alla nascita, un mago si poteva riconoscere dalla presenza di un simbolo circolare sulla schiena: a seconda della grandezza di questo, si poteva determinare la saggezza del mago stesso. Una volta giunta la pubertà, il "mago" doveva necessariamente spostarsi all'accademia di aure, un posto ignoto agli Umani ma certamente situato a Sud. Ad un'età quasi adulta si manifestavano le prime potenzialità e abilità. Nell'accademia c'erano anche specializzazioni per magie diverse dal punto di vista elementale. Teclion aveva scelto la luce, portatrice divina. Verulest si avvicinò prima a Sigoreth, e, prese delle bende di stoffa dalla sacca, cercò come poteva di impredire la fuoriuscita di sangue dall'avambraccio del guerriero. Sigoreth lo ringraziò, e per un attimo si senti sollevato. Subito dopo il Semiumano si diresse da Teclion, ancora sdraiato per terra. Cercava di capire cosa gli fosse accaduto osservando dapprima il viso, per poi passare al resto del corpo. Non vi trovò nessuna ferita, tuttavia era certo che il colore della pelle era notoriamente più chiaro.-Questo ragazzo ha bisogno di qualcosa di caldo. Presto, passatemi i vostri manti pesanti, non penso che adesso vi servano.- Verulest lo coprì con due manti, nonostante il Sole fosse piuttosto radioso. In seguito, trasse dalla borsa delle radici di chissà quale pianta trovata a Treanor: Lentamente gliele passò davanti al viso facendo in modo che gli odori che esse emanavano penetrassero nella sua pelle. Alcune le tagliuzzò con un coltellino da caccia e le inserì nelle cibarie del mago.-Badate di non toccare per nessuna ragione questo cibo, ne assaporatelo, per voi potrebbe essere altamente nocivo. Ahimè! Teclion è privo di forze, e per rimmetterlo in sesto saranno già passati due Soli e due Lune. Non possiamo fermarci per questo tempo, quindi lo caricheremo su due dei muli nel modo più confortevole possibile.-,-So che siete stremati per la vicenda di ieri sera, ma questo è solo l'inizio, quindi non vi rattristite. Se vi interessa saperlo, le creature che abbiamo incontrato sono dei Gherblin, creature un tempo prodigiose e benevole che conoscevo col nome di Treavin, ma ora corrotte dal male del bosco. Non ne incontreremo più nel nostro itinerario.-. Qualche sbuffo di sollievo risuonò tra la congrega.
Gli avventurieri cominciarono a muoversi verso Nord-Est. Sotto indicazione di Verulest, deviarono leggermente dal sentiero perdendolo di vista, per poi ritrovarlo davanti ai loro occhi e rivolto a Nord. Il terreno era ideale per i cavalli, quali non sentivano minimamente l'impatto con la terra, tuttavia l'andatura era piuttosto lenta, ostacolata dalla poca velocità dei muli per Teclion. Questa volta erano Yitar e Somerun a chiudere la fila, con un'andatura lenta dovuta alla ricerca di legna. Il Sole era ormai al culmine del cielo e picchiava sulla triste terra priva di colore; non vi erano nuvole, nè uccelli, solo un corpo fiammeggiante in un mare asciutto. Se la congrega dapprima si lamentava per la presenza di alberi, ora se ne dispiaceva amaramente. Quei pochi arbusti scarni ricordavano piante desertiche, e in effetti anche il terreno mutava pian piano in polvere. Tutti conoscevano la Creosin, ma nessuno sapeva che erano terre desertiche, morte e vecchie. Un' aria secca e pungente risvegliò completamente gli avventurieri, ora più che mai intenti ad accelerare il passo e non fare alcuna sosta. Galestor, Sigoreth e Teledith si sfilarono le pesanti armature, rimanendo in leggere vesti bardate. Yitar e il fratello cominciavano a dimostrare qualche alterazione, probabilmente per l'incessante caldo. Malvin invece, ancora incredulo per la notizia su Teclion, e spaventato per l'assalto nel bosco, non si stupì nel vedere la facilità con cui Verulest affrontava il cammino. Dopo altre incessanti ore, il burbero Sole si decise a calare, dando spazio all'assonnata Luna, piena per metà. La variazione di temperaturà colpì gli eroi immediatamente, tant'è che ciascuno prese
dal proprio bagaglio una veste pesante. Nessuno parlava. Potevano andare avanti anche per ore, seguendo il ramingo, tuttavia anche quest'ultimo accennava segni di stanchezza e sonno, curvandosi pian piano su se stesso. Il sentiero oramai non esisteva più, Verulest era l'unico riferimento per spostarsi.-Bene, direi che è giunto il momento di accamparci, tirate fuori tende e paletti, per questa notte dormiremo qua. Come il giorno che è venuto, cerchiamo di stare il più vicini possibili, e stavolta ci sarà un uomo di guardia per ogni ora della notte, non possiamo correre altri rischi...- Ovviamente la notizia non piaque agli eroi, ma d'altronde era la cosa migliore, dato che il giorno prima si erano salvati per pura fortuna e grazie all'occhio acuto di Malvin. Il primo turno di guardia lo cominciarono i due fratelli, che prima di tutti desideravano ardentemente di dormire il più possibile, per poi svegliarsi ad un'ora non tardiva e intagliare frecce. A seguire venivano i tre guerrieri e poi Malvin. Verulest si rinchiuse in una tenda con Teclion. Qualche incomprensibile borbottio e delle emanazioni purpuree uscivano a stento dalle fessure della tenda, incuriosendo il malcapitato di guardia, che tuttavia
non osava immischiarsi negli affari di Verulest. La nottata trascorse calma e piatta, concedendo riposo a chi ne necessitava, e momenti di riflessione a chi servivano. Ogni tanto qualche indomita creatura si avvicinava furtivamente all'accampamento, attratta dalla luce del fuoco di campo, ma o faceva la fine di quei fastidiosi insettini bruciati, o se aveva sfortuna diventava preda dei due arcieri. Finalmente Malvin prese sonno; anche se sentiva il duro terreno sulla sua schiena, ero troppo stanco per non dormire. Ogni tanto ripensava alle vicende precedenti, e ancora non ci credeva, cercava anche di capire se il suo destino fosse lontanamente legato a questo assurdo viaggio, ma non riusciva a rispondersi; ciò che forse lo allietava, era un lontano ritorno a casa, nel suo soffice e caldo letto...

NOTA: Questo è solo un abbozzo del  cap. V. La descrizione del mago non piace neanche a me, vedrò di cambiarla ;)

CAPITOLO IV - La triste Treanor

-Alzati pigrone! Non ti aspetteremo di certo quando sarà giunta l'ora di partire!-.L'ammonizione di Verulest svegliò quasi completamente il pigro Malvin. Era davvero una splendida mattinata: l'aria frizzante e umida accarezzava le piante di granoturco causando un un'ondulazione quasi magica, gli uccelli s'apprestavano a cercare cibo per i piccoli, e il Sole fiacco si risvegliava. Malvin notò che tutti gli altri avventurieri erano svegli e stavano già preparando i loro bagagli aggiungendovi delle cibarie fornite da Siclione. Quest'ultimo invece, aveva radunato nello spiazzo fuori dal casolare otto cavalli sellati e tre muli robusti addetti al trasporto di tende e paletti. Malvin ancora non capiva questa grande gentilezza da parte di Siclione,-Forse-, pensava,-Verulest deve avergli fatto un grande favore in passato.-.-Ti vuoi preparare o no?-interloquì il Ramingo,-Si subito! Scusami, ero sovrapensiero.-. Un'occhiata di sfuggita fu la risposta del Semiumano, troppo intento a finire il bagaglio.
Dopo una breve colazione a base di frutta e uova, Malvin rifece il suo bagaglio,aggiungendoci qualche nuova veste, un mantello pesante, vivande a lunga durata, e un bastone da passeggio. Stranamente, cominciava a sentirsi attratto dal viaggio, e non vedeva l'ora di partire. Finalmente gli eroi erano fuori dall'abitazione, e lieti assaporavano la calura del Sole, taluni contemplandolo per il suo splendore, tal'altri standosene fermi sul posto. Ciascuno salì sul proprio cavallo, ma questa volta i discorsi tra gli eroi parevano più fittizzi, e non di rado Malvin sentì parlare anche Teclion. Yitar e Somerun amavano molto parlare fra di loro, spesso scherzando, o meravigliandosi di qualche splendore della natura; invece, i tre guerrieri, ostacolati dall'orgoglio, non si scambiavano nemmeno una parola. Malvin dal canto suo esaminava scrupolosamente qualsiasi mossa di Teclion, come se si aspettasse che prima o poi facesse qualcosa di straordinario e memorabile, ma ciò non
accadde. O almeno non adesso. Teclion da parte sua, leggeva un piccolo libro dalle decorazioni argentee e di notevole pregiatura, e spesso acconsentiva col capo su delle frasi lette oppure le ripeteva a bassa voce, come se stesse cercando di ricordarsele in modo permanente. Il curvo Ramingo si posizionò a capo della fila, inoltre ordinò a Sigoreth, Teledith e Galestor di vegliare sui muli, e per tale motivo li posizionò alla termine della fila.
I due arcieri proseguivano accanto a Malvin, mentre Teclion tendeva sempre a stare il più possibile vicino a Verulest. La congrega infine partì: Siclione li salutò per l'ultima volta e diede a ciascuno di loro una parte di corno di bue cavo, da utilizzare in caso di pericolo. Gli eroi se ne andarono per il sentiero con un animo turbato e triste, consapevoli del fatto che non avrebbero più incontrato per il loro cammino persone come Siclione Conet. Al termine della fattoria, il sentiero andava diramandosi verso un piccolo boschetto, in gran parte spoglio, a causa degli abbattimenti di alberi da parte degli Umani. Più volte gli avventurieri dovettero scegliere tra due o più strade da intraprendere, e tante volte Verulest seppe precisamente dove andare. Passare per quel bosco provocò in Malvin una sorta di compassione e tristezza per gli alberi deceduti; quello che non capiva era se le emozioni che provava erano sue o forse erano gli alberi rimasti a trasmettergliele. In seguito scoprì grazie a Verulest che quello era il bosco di Treanor, un tempo abitato da mistiche creature di piccola statura e dalle orecchie aguzze, e si dice che con l'arrivo degli umani queste siano fuggite sottoterra o nei meandri del bosco.-Ti vedo turbato, cosa succede?-disse Yitar-Sei triste per aver lasciato la città?-,-No, almeno non adesso. Non capisco perchè ma questo bosco nasconde qualcosa in più di qualche semplice albero, e forse le dicerie sulle creature che lo popolano non sono del tutto infondate... Non ti sembra troppo silenzioso? Come se fosse stato imposto agli animali di tacere e di nascondersi da noi. Ma queste sono solo supposizioni, potrei enormemente sbagliarmi.-rispose Malvin.-E invece ti comprendo, io e Somerun abbiamo provato le tue stesse emozioni appena entrati nella selva. Consiglierei di seguire scrupolosamente la via, e di non cimentarsi in scorciatoie per il bosco.-. Malvin approvò le parole di Yitar, e un po' più turbato proseguì il viaggio. Verulest invece proseguiva con estrema naturalezza, dal momento che conosceva questi posti come il palmo della sua mano. Spesso Teclion gli rivolgeva qualche domanda, e il Ramingo cercava di rispondergli il più privatamente possibile.-Maledetti insetti! Andate a dare fastidio da qualche altra parte! Non sono commestibile!- intervenì Sigoreth, seguito da qualche risatina di Galestor e Teledith. Man mano che si addentravano nel bosco, i cavalli e i muli parevano sempre più irrequieti, come se percepissero pericoli non vedibili dagli uomini. I due fratelli se ne accorsero subito, e proposero a Verulest di accamparsi in qualche posto tranquillo. Vista la tarda ora e le lunghe ore di cammino intraprese, ci fu una sosta leggermente fuori dal sentiero principale. Ognuno si avvide di prepararsi il proprio "letto", ma nessuno montò una tenda, vista la bella afa che aveva caratterizzato l'intera giornata. Verulest, anche se cercava di non farlo notare, sembrava piuttosto scosso, ed aveva in volto un'espressione preoccupata. Gli eroi si posizionarono il più vicino possible tra loro, formando una specie di fila, chiusa da Malvin da un'estremità, e dal Semiumano dall'altra. Dopo circa mezz'ora di inquietante silenzio, qualcuno cominciò ad avere paura, una paura alimentata dal fatto che non si conosceva il pericolo ne si era sicuri che c'era davvero. Malvin, forse per la prima volta della sua vita, non riusciva a prendere sonno, nonostante il fuoco da campo fosse stato da tempo spento. Si girò e rigirò ma si accorse che normalmente quando prendeva sonno era solito sentire filtrare dalle finestre della camera quello stridulo verso dei grilli notturni, che da noioso si era rivelato fondamentale per prendere sonno. D'un tratto, giratosi dalla parte opposta rispetto agli altri,notò o almeno quella era la sua impressione, due occhietti gialli e penetranti, con pupille ristrette simile a quelle di rettili, che truci lo fissavano. Istantaneamente si alzò in piedi, e rovinò per terra uscendo dal sacco a pelo. Sputando quel poco di terra finitogli in bocca, corse ad avvertire Verulest, il quale stava beatamente dormendo. -Svegliati, svegliati! C'è qualcosa tra i cespugli! Non siamo soli.-qualche ghigno infimo accompagnò le parole di Malvin. Subito il Ramingo si alzò in piedi, e si precipitò a svegliare gli eroi restanti.Forse non sapeva di preciso stava per succedere,ma di certo non voleva che succedesse lì, tra le ombrose e fitte piante del bosco.-Su veloci! Non c'è tempo per spiegare! Dirigetevi immediatamente verso il sentiero!-. La congrega si spostò in modo disordinato verso la strada principale, seguita dal rumore di piccoli e rapidi passi.-Sguainate spade ed archi, potremo essere attaccati da qualche strana creatura!- Galestor, Teledith e Sigoreth seguirono prontamente le incitazioni di Verulest e colmi d'ira impugnarono spada e scudo; Yitar e Somerun cercarono di fare il meno rumore possibile, mentre Teclion rimase curvo e fermo, ma col bastone stretto tra le dita. Malvin prese per la prima volta dopo tanto tempo una spada in mano, e si pentì di non essersi allenato i giorni precedenti: il peso della lama e dello scudo esercitavano delle pressioni troppo ardue da sopportare. Gli eroi si disposero a cerchio, dimodochè fossero difesi da tutti i fronti. Tuttavia ciò che sentirono fu solo un pacato e soffocato silenzio, interrotto dai loro pesanti respiri. Dopo circa dieci minuti qualcuno cominciò ad abbassare la guardia mentre altri guardavano dubbiosi il tenebroso bosco circostante. Infine, un urletto stridulo e un tonfo risvegliarono completamente gli eroi: qualcosa era caduto dagli alberi e si stava dirigendo verso di loro.-Fate attenzione, e non sottovalutate ciò che ci assalirà! Non conosco la loro natura, ma sono quasi sicuro che abbiano cattive intenzioni.-disse Verulest. Una specie di pipistrello, fatta eccezione per la mancanza di ali, alto poco più di cinque piedi e dalle snelle zampe, si avventò su Sigoreth, puntando ad un suo braccio. Con estrema facilità trapassò ad artigliate la sua armatura finendo per ferirlo. Yitar prontamente scoccò una freccia e con estrema precisione riuscì a colpire l'orrenda creatura nel fianco destro del suo esile corpicino. Questa cadde a terra, e con delle acute grida pareva invocasse aiuto. E infatti fu cosi. Ben presto si sentì uno sciamare di passi che si dirigevano verso di loro, accompagnati da orripilanti grida e da parole umanamente incomprensibili. Ciò che impaurì maggiormente gli eroi fu la mancanza di luce, ma anche il sentire quegli urletti fastidiosi avvicinarsi sempre di più e in modo uniforme da tutte le parti. Decine di quelle strane creature spuntarono dai cespugli circostanti: erano circondati e inermi. I due arcieri riuscirono ad atterrarne più di due sparando frecce in direzioni casuali, ma l'orda di mostriciattoli avanzava imperterrita. D'un tratto, Teclion si eresse in tutta la sua altezza e finalmente si mostrò qual'era. Era un ragazzo giovane di certo, ma le rughe sulla sua faccia preludevano qualcosa di arcano in lui stesso, dovute alla sua scrupolosa dedizione nell'imparare incantesimi ed aure. Alzandò il bastone e piegando il capo all'indietro, sotto lo stupore di tutti richiamò dal cielo un lampo abbagliante che entrato in contatto con il suo bastone, si irradiò per tutta la foresta come fosse un'onda possente che con se porta via tutto, e per pochi secondi il bosco fu abbagliato e illuminato da luce bianca. Le creaturine che avevano sferrato l'attacco alla congrega, tremendamente impaurite se ne tornarono da dove erano venute per non farsi mai più rivedere. Ancora sconvolti, gli avventurieri seguirono la voce di Verulest -Per di qua, svelti!-,  leggermente abbagliati dalla luce divina fecero riferimento al solo udito. L'intero bosco era ora lluminato e mostrava le terribili espressioni di quegli anziani alberi, conferendo al tutto un aspetto agghiacciante. Malvin arrancò faticosamente, trascinandosi bagaglio e pesanti armi. Teclion invece, era stato preso dal Semiumano e portato sul suo cavallo: era infatti svenuto.

NOTA: Questo è solo un abbozzo del cap. IV.

CAPITOLO III - Si parte

Malvin si svegliò ancora una volta in modo brusco e agitato. Questi sogni lo stavano quasi divorando internamente, come stessero corrodendo l'intera parte razionale di Malvin. D'un tratto balenò un'idea nella sua testa appuntita. Pensava infatti, che la causa dei suoi sogni poteva essere attribuibile ai pericoli oltre le Critosin, come se avessero un'influenza malvagia e infima su lui stesso. Se la notte porta consiglio, questo di certo non era il caso di Malvin, imbottito di ancora più dubbi e timori.Come promesso da Verulest, si sentì un forte e costante battere sul portone di casa, vagliato da un bastone da passeggio.-Chi è stavolta?-disse Malvin,-Non aspetto visite!-;-Sono io, Verulest! E ho qui i tuoi compagni di avventura...ora, potresti cortesemente aprire questa porta? La temperatura qua fuori è piuttosto fastidiosa e di certo dannosa per una persona della mia età!-.Improvvisamente Malvin si rese conto che l'arrivo di Velurest il giorno prima e la sua fulminea scomparsa non erano solo un sogno. Quel semiumano aveva davvero varcato la soglia di casa e proposto un viaggio incredibile a lui. Rapido aprì la porta e abbagliato dalla luce mattutina, non notò subito i sei avventurieri dietro Velurest, ciascuno scelto in modo attento e secondo i bisogni del Ramingo.-Allora ragazzo sei pronto? Non vorrai mica partire con quella veste da notte spero! Su, va a vestirti e fa una colazione abbondante, non siamo venuti qui per aspettare te.-,-ehm, o saggio Velurest, vorrei tanto poter aiutarti in que--, -Poche chiacchiere e datti da fare! Non sono qui per ascoltare le tue moine! Per l'armamentario non preoccuparti, ho qui una buona spada e scudo di ferro forniti dal fabbro Turges...prendi provviste e abiti caldi, non sarà certo un viaggio piacevole. Ora va, il sole è arrabbiato oggi, e i miei avventurieri come ti ho detto non sono ben propensi a sopportarlo!-. Intorpidito e fiacco, Malvin pensò ancora per qualche secondo alle parole del Semiumano, ma capì che doveva vestirsi, e pigramente si diresse verso la camera.
Era quello il giorno definito dai paesani "intermedium", il dì di passaggio tra primavera ed estate; si diceva che fosse il giorno più lungo dell'anno, ma anche il più caldo.
Il sole cocente sbatteva sulle ruvide pietre squadrate della Via costringendo chiunque vi passasse a trovare un rifugio all'ombra. L'unico conforto era una leggera
brezza forse provvisoria, che portava un barlume dei freddi venti nordici. La natura era gioiosa e gli alberi si stagliavano alti e imponenti su qualunque altro essere; le case poi, sembravano piccoli focolari perennemente accesi, caldi fuori, ma gelidi dentro: Candem era come al solito bianca e rilucente. Dopo un pasto piuttosto frugale ma rinvigorente, Malvin prese i capi migliori di cui disponeva, robusti stivali di pelle semilavorata e un rozzo cappello da viaggio. Non era pronto per intrapendere un viaggio per chissà dove così all'improvviso, ma provava una certa emozione nell'andare fuori dai suoi abituali confini, che si limitavano alla fine di Via Piedestorpio. Finalmente, uscì di casa, con occhi ancora stanchi ma più reattivi, e venne presentato alla congrega radunata da Velurest. Non era difficile capire che mestiere praticassero quegli avventurieri, muniti di spade, scudi, archi e frecce. Solo uno incuriosì particolarmente Malvin, poichè non disponeva di alcuna arma, se non ti un bastone d'appoggio simile ad un ramo di un albero vecchio e stanco. Tre di loro erano guerrieri, Galestor, Sigoreth e Teledith; altri due erano arcieri, Yitar e Somerun; l'ultimo invece, di nome Teclion, non specificò la sua arte. Tutti quanti si presentarono a Malvin mostrando
sommo rispetto, conoscendo la sua discendenza.-Piacere di conoscerti, o Malvin figlio di Mellest-disse Yitar-Io e mio fratello Somerun siamo molto lieti di poterti accompagnare in questo viaggio.-. Finite le presentazioni, i mercenari si caricarono i bagagli in spalla e cominciarono ad avviarsi su per la via.-La nostra prima tappa, ci conduce alla fattoria di Conet: necessitiamo di cavalli robusti, tende e approvigionamenti poco ingombranti e duraturi. So che per alcuni di voi può sembrare una partenza brusca, ma sento che il momento per lasciare questo posto è finalmente giunto. Arrivati alla fattoria potremo discutere con calma, sempre che il buon vecchio Siclione ce lo permetta.-Disse Velurest, posizionato in cima alla compagnia. Quasi accanto a lui, camminava il misterioso Teclion, seguito
dai rapidi e silenziosi arcieri e infie Galestor, Sigoreth e Teledith. Malvin a malapena teneva il passo, e spesso era motivo di soste non necessarie. Camminarono per l'intera mattinata, senza particolari interruzioni, e non successe nulla di ragguardevole. Una volta usciti dalla città, gli eroi si trovarono in aperta campagna, accolti da ripetitivi versi di invertebrati e da un'aria più pesante e notoriamente più umida. il loro percorso seguiva il sentiero principale che sboccava dalla città, ma dopo circa due ore di viaggio, Velurest deviò completamente direzione, passando per i sorridenti campi di granoturco. Le piante erano alte e piuttosto fastidiose anche per un Umano, tant'è che la marcia fu di poco rallentata. Nessuno parlava, covava un silenzio quasi tombale interrotto solo dalle indicazioni del Semiumano, dotato di un senso d'orientamento magnificente. Malvin non riuscì nè a parlare nè a meditare su quanto stava accadendo, tanto era attento e scrupoloso a seguire i passi degli altri; inoltre non era un amante della natura e cercava unicamente sentieri dove il granoturco non avrebbe potuto sfiorarlo minimamente. La Luna stava salendo e portava con se le sue figlie, luccicanti e sparse in un cielo che andava spegnendosi. Verulest, che non avevo previsto l'idea di poter
accamparsi in aperta campagna, incitò gli altri ad aumentare il passo, lui per primo. Dopo quella che sembrava mezza ora a seguito della salita della Luna, la congrega vide un casolare posto in uno spiazzo ed accostato ad una grande stalla e quello che sembrava un contenitore di mangime e attrezzi da campo. Erano giunti alla fattoria di Siclione Conet, un anziano totalmente estraniato dalla società, e con anni di esperienza alle spalle. Il Ramingo incitò gli altri a seguirlo.
Gli eroi entrarono uno per uno nell'abitazione di Conet, accolti da un caldo ristoratore e un delizioso profumo di carne fresca e cibo da campo. Siclione apparve prima un po' turbato, data la quantità di persone che erano entrate, ma bastò una rassicurazione e un'occhiata di Verulest per placarlo.-Fate come foste a casa vostra, ma badate di non sporcare pavimenti o muri, o dovrò sopportare le prediche della mia Glelia. Prego, sedetevi dove desiderate!-disse Siclione-Le libagioni saranno qui tra breve.-. Ciascuno si mise nel posto che più gradiva, i due fratelli vicini, Teclion in disparte, Verulest a capotavola con Siclione e Malvin
accanto a Sigoreth, Galestor e Teledith. Ci fu un silenzio quasi imbarazzante: taluni cercavano di ammazzare il tempo giocherellando con le dita o pensando ad affari propri, altri si sforzavano di proferire parola ma senza risultato. Quando finalmente arrivò il cibo, un largo sorriso e un'espressione beata si stampò su tutti quanti, tremendamente affamati a causa della mancanza di un pranzo nella giornata. Il tutto venne servito in scodelle lignee e concave, in bicchieri poco pregiati, e in grandi vassoi molto capienti. Nessuno si fece molte domande su ciò che stava mangiando, tanto era grande la fame, ma di certo Malvin era sicuro che stesse mangiando carne di mucca, pancetta molto grassa e del lardo. Vi erano anche foglie di lattuga, carote e qualche pannocchia un po' annerita. Dopo un silenzioso ma
consistente pranzo e dopo una bella bevuta di vino rosso, molti si appoggiarono sullo schienale della propria sedia cercando di ascoltare seppure distrattamente cosa stessero confabulando Verulest e il contadino. In effetti, da quando erano arrivati, Siclione non aveva smesso di parlare col Semiumano, e da quanto capì Malvin, l'uno chiedeva all'altro provviste, cavalcature e sentieri rapidi da prendere, mentre l'altro era bramoso di sapere anche qualcosina sulle terre oltre i Critosin. D'un tratto Malvin si rivolse agli eroi - Ebbene? Come mai avete intrapreso questo viaggio? Spero che non siate stati trascinati da un Semiumano amico di vostro padre come me! -. Alcuni risero, e persino il tipo misterioso accennò una risatina. Malvin si accorse che Teclion non aveva mai posato il suo bastone d'appoggio.
- Io, o Malvin, vengo per rivendicare le spoglie perdute di mio padre, che mai tornò e mai è tornato in queste terre-interloqui Galestor,- Io invece sono in cerca di verità! Non possiamo restare per sempre all'ombra di quelle minacciose montagne, aspettando che prima o poi qualcosa vanga da lì e ci stermini!-disse Teledith. Poi Sigoreth - A me piace viaggiare! Lo so, può non sembrare un valido motivo, ma questa è l'occasione giusta per farsi una bella avventura-. I due arcieri sostennero che erano intenti ad affrontare questo difficile percorso poichè desiderano ardentemente poter vedere nuove specie animali, o quelchesia. Teclion
come al solito non proferì parola, ma restò pensoso e col capo chino. Finalmente Verulest, interrompendo cortesemente Siclione che lo riempiva di domande, si rivolse alla congrega - Eroi! Spero che vi siate saziati abbastanza, è giunta l'ora di riposare le nostre stanche membra. So che l'ora non è adatta, ma domani ci attende una lunga giornata e decisamente molto impegnativa..- -Puoi almeno dirci qualcosa in più su questo viaggio e sulle Critosin?-intervenne aspremente Malvin,- Insomma, ci stiamo dirigendo verso una meta non precisa e non sappiamo nemmeno cosa ci aspetta!-. Alcuni acconsentirono con Malvin accennando
col capo un "si".-Placa la tua ira, o curioso Malvin! Non posso spiegare a te e alla congrega ciò che incontreremo oltre le Critosin, poichè nemmeno io lo so-. Gli eroi rimasero alquanto sorpresi sentendo Verulest.- Voi tutti siete a conoscenza delle mie origini da "semiumano", ma ciò che non sapete è che io sono nato qui, in queste terre.. Ma ora basta parlare, ho la gola secca e le palpebre pesanti, rechiamoci a letto. Melvin si accorse che non era la prima volta che il Ramingo interrompeva discorsi riguardanti le terre oltre i Critosin. Era come se fosse in un certo senso "costretto" a non proferire parola riguardo le Terre dell'Est. Almeno questo pensava Melvin: gli altri non fecero caso alle parole di Verulest, tanto assonnati quali erano, e di lì a poco ciascuno si diresse verso delle brande appositamente preparate da Siclione. Solo Verulest rimase curvo sulla sedia a riflettere su ciò che era accaduto e su quello che avrebbero dovuto affrontare i giorni seguenti.
La notte era ormai giunta, con tutta la sua bellezza e vastezza. Le nuvole, praticamente assenti, facevano da cornice ad un mare di luci variegate alcune molto accese, altre più deboli, molte altre percorse da scie bianche o arancioni che solo un occhio acuto avrebbe potuto notare. La Luna salutava definitavamente il Sole, e lucente brillava nel cupo cielo, divenendo unico punto di riferimento per chiunque si trovasse nell'ombra. Malvin chiuse la finestra e si girò dalla parte opposta: non gradiva il cielo di notte, gli incuteva timore.

NOTA: Questo è solo un abbozzo del Cap. III. Il nome del protagonista è "Malvin", anche se talvolta troverete scritto "Melvin": errore mio, mentre scrivevo il libro ho avuto qualche distrazione.

CAPITOLO II - Proposte

Verulest era uno dei pochi esemplari, se non l'unico probabilmente, non completamente umano. Si narra infatti che poco dopo l'arrivo degli Umani nelle Terre dell'Ovest, alcuni tra i più impavidi avessero voluto superare le Critosin in cerca di verità, onore e gloria. Quelli che tornavano, davvero un numero esiguo rispetto a queli partiti, erano spesso abbagliati, impassibili e completamente inconsci di ciò che avevano passato; per questo il più delle volte venivano considerati dei pazzi da buona parte del popolo e venivano allontanati in modo rigoroso. Malvin ancora non poteva credere di aver aperto realmente la porta, tant'è che era sul punto di chiuderla se non fosse per una curva e possente figura che varcò la soglia di casa con una naturalezza non umana. L'individuo era coperto da una veste marrone e consunta,
logorata dal tempo e appositamente non lavata, ma in realtà copriva qualcosa di molto più magnificente, e Verulest s'avvide di chiudersela attorno. L'aspetto di Verulest era tutt'altro che affidabile, ma riusciva a dare una sensazione di rispetto a chiunque lo guardasse.
Malvin lo guardò negli occhi. Ciò che vide furono solo due carboni ancora ardenti, ancora vivi, ma ciò che colpì Melvin fu la profondità di tali occhi, come se celassero visioni all'uomo proibite.-Bè, vogliamo rimanere qui tutto il giorno?-disse Verulest-Perchè non andiamo in cucina e mi prepari un bel tè? Chissà se l'ospitalità di questa casa è rimasta la stessa di una volta-ammiccò il Ramingo-Va bene, seguimi-. Verulest fu condotto per le ampie e buie stanze della casa totalmente prive di decorazioni o abbellimenti, austere e troppo opprimenti per viverci, ma d'un calore ragguardevole. Una volta in cucina, Melvin preparò una sottospecie di tè, o meglio, il ricavato di qualche bustina già usata.-Zucchero?--Si grazie!-interloqui Verulest. Quest'ultimo s'apprestò a bere il tè in modo particolare, come fosse un povero vecchio dalle stanche membra e dalla labbra inaridite (che periodicamente inumidiva in modo quasi nevrotico), tuttavia lo trangugiò in poco tempo.-Allora Malvin,--Come ben sai le mie visite non sono casuali, ne scelte in precedenza, è forse il fato che mi guida, ma nel tuo caso in modo un po' più fievole. Ho saputo della scomparsa di tuo padre Mellest in una spedizione a Est, e ne sono molto dispiaciuto, ma è ora di reagire!- un'alone di tristezza percosse Melvin, che tuttavia cercò di scacciarlo sorridendo forzatamente,-Sono qui per farti una richiesta: ormai da anni molti Umani si apprestano a varcare il confine indetto dalle Critosin, ma ciò che sbagliano è la loro completa solitudine nel farlo. Avrai forse saputo di Sir Frendegard, molto audace devo dire, ma stolto nel partire da solo... Non so te, ma personalmente non l'ho più rivisto e penso che non lo rivedrò mai più. Per tale motivo, ho già riunito un drappello di esploratori ben scelti per intraprendere un viaggio verso le terre dell'Est. Ora, tu mi servi, poichè molto nota era la fama di tuo padre, e probabilmente qualcosa avrà trasmesso anche a te-,-Bè signore, so solo maneggiare spada e scudo, ciò che penso mi manchi è lo spirito d'avventura-rispose Malvin. Una sonora risata di Verulest chiuse quella frase,-Non ti preoccupare, a quello ci penso io! Ti dico solo questo, domani mattina fatti trovare sveglio qualche tempo dopo che il sole sarà sorto, ed io passerò a trovarti. Tieni il cuore stretto e le membra riposate, non sarà una visita di piacere. Detto questo, mi congedo e ti lascio il tempo di pensare...Ti saluto Malvin, figlo di Mellest!-,-Ed io saluto te Verulest, figlio di Varion, che la tua notizia porti in me conforto-riprese Melvin. La rapidità quasi sovrumana con cui Verulest lasciò la scarna tavola impressionò il semplice Malvin, il quale dopo aver sentito la porta chiudersi, meditò per molto tempo su quanto avevo udito. Di punto in bianco, il normale andazzo della giornata era stato devastato. Un "quasi" sconosciuto era entrato in casa sua, senza invito, con molta fretta e portando notizie di sicuro poco affascinanti. Era mai possibile? Poteva forse un amico del padre chiedere un favore al figlio? Malvin riflettè a lungo. Cercò di osservare l'accaduto da due punti di vista, l'uno più razionale, che ovviamente lo incitava a non smuoversi, e l'uno che era dettato dalla coscienza, che innestò nell'Umano un idea opposta al non andare. Cercando di velare a sè stesso questa improvvisa voglia di avventura, Malvin cominciò a rimuginare tra sè e sè.-Dovrei intrapendere un viaggio, di probabile non ritorno, verso una meta che non conosco, cosi, di punto in bianco? Ma per chi mi ha preso! Non sono il genere di persona, e non voglio fare la fine di tutti gli stolti che hanno superato le Critosin. E' una missione suicida, e forse Verulest lo sa, ma chissà, forse di me non gli importa nulla, forse sono solo un pezzo del suo grande puzzle- pensò Malvin. Il sole era ormai da tempo disceso sotto la linea del cielo, in un modo impercettibile, come una lacrima di fuoco che lentamente scende e svanisce. Incredulo, Malvin si accorse che avevano parlato per diverse ore, ma non capiva quando fosse passato tutto quel tempo. Con lo stomaco rigirato per la notizia, e troppo scosso per le parole sentite, Malvin digiunò, e senza neppure svestirsi, (se svestirsi sta a significare togliersi il pigiama non cambiato di mattina), si fiondò a letto pieno di pensieri, timori, e nuove emozioni. La notte passò come al solito, inizialmente calma e muta, colma di luci sparse qua e là racchiuse in piccoli insetti, ma ben presto si mutò in qualcosa di mistico e cattivo, popolata da serpenti alati e uomini con corna possenti.

NOTA: Questo è solo un abbozzo del cap. II